«Da dove proviene questa mia ossessione per il passato? Perché mi trascina indietro come un pozzo su cui mi sono sporto? Perché mi attira con volti che so non esistere più? Cosa è rimasto là, che non sono riuscito a cogliere? Cosa è in attesa là, nella grotta di questo passato?»
Ecco alcune delle domande che Georgi Gospodinov fa porre al protagonista del suo romanzo Cronorifugio, domande che spesso si sovrappongono a quelle di molti di noi. Alle mie di sicuro.
Negli incontri di laboratorio abbiamo provato a cercare risposte, ripercorrendo il testo nei suoi punti di contatto con i nostri vissuti, reali o immaginati, facendolo dialogare con i nostri corpi e con le nostre voci, interrogandolo sul perché di certe emozioni e accogliendolo in un racconto musicale.
Nella restituzione de Il rifugio del tempo invitiamo il pubblico nel luogo del nostro lavoro – «dico luogo, ma si tratta di tempo, un luogo nel tempo» – per abitare insieme lo spazio dei dubbi e delle epifanie, della ricerca e del ritrovamento, della lontananza, della prossimità. Lo spazio in cui si nascondono, accucciati, i ricordi. Per riscoprire – chissà, qualcuno… – un frutto dimenticato che profuma ancora nella memoria.
Molta gratitudine,
Francesco Baldi