«La creatività dell'uomo si basa sulla capacità di comunicazione del pensiero, questa capacità si basa interamente sulla presenza di un veicolo, la parola principalmente, che sia in grado di portare il messaggio nello spazio e nel tempo. Di Pirandello mi ha sempre affascinato la possibilità di compiere questo viaggio con la sensazione di essere chiamati esplicitamente ad esserne partecipi. Non solo i fatti e i contenuti, (forse di più) la forma è stata sempre il vero motore di questo viaggio. Ciaula che scopre la luna, la follia esibita di Enrico IV, l’arrivo dei sei personaggi dalla platea, sono alcuni degli esempi di una curiosità ludica e morbosa sul linguaggio più che sui contenuti. Le sue opere hanno costruito il nostro percorso di conoscenza partendo dal principio didattico fino ai dubbi dell’età adulta. A cominciare dai banchi di scuola, la struttura del viaggio pirandelliano è stata sorretta da un ingannevole inizio innocuo, di narrazione pura, attraverso il quale lasciarsi andare al viaggio senza timore, per poi ritrovarsi sorprendentemente in una foresta infestata di timori e segreti messi a tacere dal tempo ch’è passato. Le pulsioni dell’animo umano in Pirandello affiorano con una sincerità rara.
L’itinerario che porta all’esperienza di Sei personaggi di Pirandello è costruito da tappe di vita vissuta e attraversata, anche fortuitamente, dall’opera pirandelliana. Le antologie scolastiche sui banchi di scuola, i primi libri in edizione economica comprati per smuovere la monotonia dello struscio di provincia, le trasmissioni dei sabati sera alla tv coi genitori, il provino in accademia, la messa in scena dei Sei Personaggi, la pandemia e la ripartenza sono perni di un processo di analisi sulla messa in scena delle sue opere. Dovrebbe essere così inizia sulla certezza di un terreno caldo e accogliente di una trama, che all’inizio rassicura e poi gradualmente ci si sente minati da incidenti di percorso, da ribaltamenti dei punti di vista, esplosioni psichiche forse troppo complicate da spiegare col solo veicolo della parola. Ad un certo punto anche il corpo partecipa a questo percorso creativo.
Il monologo è il racconto di un sogno notturno di cui ci si è dimenticati di prendere appunti al risveglio. Raccontarlo col corpo e le parole è l’unica possibilità».
Michele Sinisi