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Venerdì, 04 Novembre 2022

AU BORD

  • di Claudine Galea
    traduzione di Valentina Fago
    regia di Valentino Villa
    con Monica Piseddu
    collaborazione artistica al progetto Monica Piseddu
    movimento Marco Angelilli
    lighting and stage design Sander Loonen / ARP Theatre Limited
    sound design Fred Defaye
    assistente alla regia Andrea Dante Benazzo
    consulenza make up Anna Fontana / And Hair
    sarta Yulia Kachan
    produzione Romaeuropa Festival e 369gradi
    in coproduzione con LAC Lugano Arte e Cultura, Triennale Milano Teatro
    con il sostegno di Toscana Terra Accogliente, Olinda
    i diritti dell'opera Au Bord di Claudine Galea sono concessi da L'Arche Editeur, Parigi, in collaborazione con Zachar International, Milano
    si ringrazia Maria Sabato per la consulenza ai costumi

Premiato con il Grand Prix de littérature dramatique, Au Bord dell’acclamata drammaturga francese Claudine Galea è stato tradotto e rappresentato in molti paesi europei (fino alla recentissima versione firmata da Stanislas Norday per il Théatre National de Strasbourg) e rappresenta una novità assoluta per l’Italia. Galea si concentra su una foto: una donna porta un’uniforme e tiene stretto un uomo al guinzaglio. Scattata nella prigione di Abu Ghraib e apparsa sul Washington Post il 21 maggio del 2004, l’immagine, terribile documento, porta con sé l’impronunciabilità, l’inafferrabilità, l’orrore dell’atto di violenza. La sua irrappresentabilità. Ma è sulla donna che si concentra l’attenzione dell’autrice. A partire dall’inconfessabile attrazione per questa figura femminile, per la sua oscenità, si incatenano nella testa e nel corpo di chi parla diverse figure femminili. Un libero quanto pericoloso scivolare dalla figura della soldatessa, a quella dell’amante da cui la stessa Galea è stata abbandonata fino alla madre, figura torturatrice. Al di là del suo statuto, la foto diventa un palinsesto dell’inesprimibile, un oggetto drammaturgico evirato dal suo senso strettamente documentale e politico. Un atto di sovversione, forse, che nutre la primaria e sconvolgente esperienza che il testo propone.

È arduo raccontare il fenomeno, del tutto teatrale, che Au Bord rappresenta. Au Bord chiede di andare sulla scena, di essere portato in pubblico. È una lotta potente fra parole e silenzi, tra le parole e il piacere, tra le parole e le immagini. È una lingua fatta di grida e di rumori, capace di dire l’enormità del desiderio e del dolore, di parlare dell’intimità dell’essere, di andare lì dove fa più male, di avvicinare l’indicibile. È un magnifico cerimoniale della passione e un sacrilegio di fronte alle idee e all’estetica condivise dove il senso primo dell’immagine (di quella immagine) si smorza nella generazione osmotica e continua di nuove immagini. Una continua sovrapposizione, una continua rilettura che ci tiene al guinzaglio.
Come portare in scena questo “attraversamento”, questo soffermarsi su un’immagine fotografica - così inumana da respingerci e allontanarci - fino a bucarla, depistarla, farla parlare di noi?
Questo il nodo, il laccio, il livello di lettura sul quale scegliamo di concentrarci: una selva di immagini che partoriscono altre immagini, una rete nella quale siamo intrappolati e da cui nasce la nostra inquietudine, il nostro spaesamento. Un interrogativo sulla natura dell’immagine e sul rapporto d’interdipendenza fra queste, la psiche e il pensiero.

«Non penso che il mio lavoro si basi sulla fantasia, io lavoro sul reale – afferma Galea - dipende da chi ascolta o chi guarda la libertà di fantasticare. Quello che disturba è che sono io a generare quelle fantasie. Chi legge o chi ascolta non può più flirtare con la fantasia, non può più solo carezzare l’idea, restare al sicuro dentro una comoda distanza. Io spezzo la distanza, tolgo il velo, dono un corpo a quello che ci si immagina, mostro, descrivo e questo ci lascia a nudi, tutti, io e voi. Le persone amano essere dei voyer ma non essere visti. Ma per vedere bisogna accettare di essere visti».

Il nostro Au Bord non riguarda l’intimità e la soggettività, riguarda la collettività. È un rituale collettivo che si nutre del rapporto tra una donna e l’immagine. Tra una donna e un’altra donna. Immaginiamo uno spazio che partorisce immagini. Il suono partorisce immagini. La voce partorisce immagini. Il corpo partorisce immagini. «Quello che mi piace dell’immagine – ancora Galea - è che apre lo sguardo, lo approfondisce. Non parlo mai d’interpretare l’immagine, parlo del fatto che l’immagine si rivela lentamente se lo sguardo ha la possibilità di soffermarsi. Forse abbiamo bisogno di sospendere il flusso che ci trasporta senza che noi si abbia il tempo di vedere, comprendere, o anche desiderare».

Residenza creativa nell’ambito del Premio Toscana Terra Accogliente 2022.

  • Valentino Villa Regista e interprete. Dopo aver conseguito il diploma dell’Accademia Nazionale ‘Silvio d’Amico’ di Roma, il diploma del corso di perfezionamento per giovani attori diretto dal Maestro Luca Ronconi, la laurea in Economia con una tesi dal titolo ‘Aspetti strategici ed organizzativi delle imprese di produzione di spettacoli dal vivo’, si diploma come insegnante certificato del metodo Linklater nel 2012. Lavora con il Maestro Luca Ronconi e prende parte a numerose produzioni prima del Teatro di Roma, poi del Piccolo Teatro di Milano. Negli stessi anni prende parte a diverse produzioni teatrali indipendenti.  Nel 2006 debutta alla regia con un testo di Neil Simon e negli anni firma numerosi spettacoli: dalla contemporanea classicità di Harold Pinter di Party Time ai racconti di Dorothy Parker per Waterproof passando per Orlando di Virginia Woolf, Si salvi chi può – una creazione originale, Alessandro Magno di Pietro Citati, A Single Man di Christopher Isherwood, Carlo Michaelstadter di Luciano Arcella. Su invito della Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e del Mediterraneo elabora un progetto che debutta nel 2010 all’Italian Restyle Festival con il titolo BLU. Questo spettacolo è la definitiva messa a fuoco del suo interesse per la commistione fra i diversi linguaggi della scena: testo, opera, video. Negli ultimi anni – grazie anche al coinvolgimento da parte di 'Face à face, Parole di Francia per scene d’Italia' – firma la prima messinscena in italiano dei testi di Jean-Luc Lagarce Noi, gli Eroi e Music-hall, quest’ultimo in collaborazione con Rai RadioTre, protagonista Daria Deflorian, traduzione di Gioia Costa. Dal 2013 è coinvolto, come attore, nello spettacolo Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni di Deflorian/Tagliarini che ha debuttato al Romaeuropa Festival 2013. Nel 2017 inizia la sua attività di regista d’opera debuttando con Cefalo e Procri di Ernst Krenek per il teatro La Fenice di Venezia. Nel settembre del 2018 partecipa come regista collaboratore all’allestimento di Traviata di Giuseppe Verdi con la regia di Francesco Micheli. Nel 2019 firma la regia di Intermedi della Pellegrina per il Maggio Musicale Fiorentino e di Luci mie traditrici di Salvatore Sciarrino, per il teatro La Fenice di Venezia. Nel 2022 ha firmato la regia de I Lombardi alla prima crociata di Giuseppe Verdi per il teatro La Fenice di Venezia. Tra i prossimi impegni curerà la regia di Jeanne Dark di Fabio Vacchi in prima assoluta mondiale per il Maggio Musicale Fiorentino. Insegna recitazione ed è un insegnate certificato del metodo Linklater – Freeing the Natural Voice.

    Monica Piseddu Si diploma come attrice all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Dal 2002, per oltre dieci anni, lavora con Arturo Cirillo negli spettacoli: Mettiteve a fa’ l’ammore cu’ me di E. Scarpetta, L’Ereditiera di A. Ruccello, La Piramide di Copi, Le Intellettuali di Molière, Le cinque rose di Jennifer di A. Ruccello, Otello di Shakespeare, L’Avaro di Molière, Ferdinando di A. Ruccello e Lo zoo di vetro di T. Williams. Nel 2004 è con Mario Martone nella prima edizione di Edipo a Colono di Sofocle. Lavora inoltre con Massimiliano Civica in La Parigina da H. Becque (2005), Alcesti da Euripide (2014) e Antigone di Sofocle (2019), con Antonio Latella in Natale in casa Cupiello di E. De Filippo (2014) e Ti regalo la mia morte, Veronika di F. Bellini e A. Latella (2015), con Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, come attrice e collaborazione al progetto in Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni (2013) e Quasi Niente (2018), liberamente ispirato al Deserto Rosso di Michelangelo Antonioni. Insieme a Daria Deflorian e a Monica Demuru partecipa al programma Il Teatro di Radio Tre con Memoria di Ragazza. Una lettura e qualche canzone dall’omonimo libro di A. Ernaux, e per il programma “Ad Alta voce” legge Il gioco dei regni di Clara Sereni, nell’adattamento di L. Pavolini.
    Dopo un Premio Ubu come migliore attrice non protagonista ricevuto nel 2007, nel 2015 le vengono riconosciuti il Premio della Critica, il Premio Ubu come miglior attrice dell’anno, e il Premio Le Maschere come miglior attrice non protagonista. Nel 2016 il Premio Hystrio all’interpretazione, e nel 2019 il Premio Eleonora Duse. Al cinema ha lavorato con Paolo Sorrentino ne La grande bellezza (2013), con Marco Bellocchio in Fai bei sogni (2015) e con Ludovico Di Martino ne La Belva (2019).

ORARI

VENERDI21:00

  • Prezzi

    INTERO: € 15,00 + d.p.

    RIDOTTO*: € 12,00 + d.p.

    *Cral convenzionati, Unicoop Firenze, tessera Arci, over 65, under 26, Università dell’Età Libera

    RIDOTTO**: € 8,00 

    **studenti degli istituti superiori e universitari, tessera Casateatro

    RIDOTTO***: € 5,00 

    ***bambini sotto i 12 anni, operatori

    la biglietteria sarà aperta, nel rispetto delle normative per il contenimento del contagio da Covid-19, esclusivamente nei giorni di spettacolo a partire dalle ore 19:30

    si invita a consultare le pagine relative ai singoli eventi per ulteriori informazioni

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